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LA CRIOTERAPIA


Ve la sentireste di esporvi, in una camera, ad una temperatura di -150° sotto lo zero? Considerate che un gelo simile non esiste neanche nel posto più freddo della terra. Guai a chi tocca qualcosa: ci si rimane appiccicati. I peli dritti sulla pelle sembrano fili d’erba, pochi secondi ed ecco l’effetto brina: ciglia e sopracciglia si coprono di una specie di neve grattugiata. Si entra rigorosamente in costume da bagno. Ebbene questa è la crioterapia, la terapia che utilizza il freddo e i suoi effetti benefici in ambito medico, riabilitativo e sportivo. Il termine “crioterapia” deriva dal greco antico: crio (κρύο) che significa freddo, e terapia (θεραπεία) che significa guarigione. La cura con il freddo viene considerata tra i nuovi metodi di cura fioriti negli ultimi decenni, anche se, in realtà, ha origini antichissime. Bisogna tornare indietro nelle antiche civiltà egizie, greche e romane. Gli antichi egizi utilizzavano i trattamenti col freddo circa 2500 anni fa. Ippocrate osservò che, l’applicazione del freddo, riduceva il sanguinamento, diminuiva il gonfiore ed il dolore. In Giappone troviamo nel 1978 la prima criocamera. Al giorno d’oggi sono molti gli atleti, in ogni disciplina, che dopo allenamenti con carichi elevati o performance utilizzano la crioterapia. Crioterapia sistemica (WBC) negli atleti Gli atleti che partecipano a competizioni sportive sono spesso esposti ad un eccessivo carico di allenamento e competizioni che possono includere: frequenti ripetute, sessioni di allenamento ad alta intensità, eseguite più volte alla settimana, e contusioni provocate da sport di contatto. Queste condizioni, che implicano tempi di recupero brevi, possono indurre l’organismo dell’atleta a danni muscolari, e conseguente infiammazione, provocando: dolore muscolare, gonfiore, perdita prolungata della funzione e l’aumento di proteine muscolari, come la proteina C-reattiva (PCR). superiori a 1 mg/dl di questa proteina indica sospetti stati infiammatori. Crioterapia ed enzimi muscolari Un aumento della concentrazione nel siero di creatinachinasi (CK) indica spesso un danno al muscolo scheletrico. Un gruppo di ricercatori ha sottoposto un campione di rugbisti, dopo l’allenamento, all’immersione delle gambe in acqua fredda, provocando una diminuzione della concentrazione di CK. Ciò ha confermato i risultati ottenuti da un altro studio condotto su dei rugbisti che osservò la presenza di CK nel liquido interstiziale muscolare e una riduzione chiara e significativa dei valori medi di lattato deidrogenasi (LDH) e CK dopo una settimana di trattamento con crioterapia sistemica. Crioterapia a corpo intero (WBC) vs. recupero passivo (PAS) L'obiettivo primario di questo studio è stato quello di analizzare l’effetto di due diverse modalità di recupero: la crioterapia a corpo intero e il recupero passivo, dopo esercizi intensi, rivolti a corridori ben allenati. Il protocollo prevedeva, per una volta al mese, una simulazione di gara che potesse indurre nei corridori un alto stato di stanchezza. La gara fu impostata per una durata di 48 minuti suddivisa in: 6 minuti in piano, seguita da 3 minuti in salita (+10% in salita) e 3 minuti in discesa (-15% di pendenza), in modo da simulare il più possibile una gara trial. La salita tende ad alzare l’intensità e il costo metabolico, al contrario, i tratti in discesa, permettono di abbassare il costo metabolico ma impongono maggiori forze sugli arti inferiori grazie al maggior carico eccentrico. fattori possono causare: danno muscolare temporaneo indotto dall’esercizio (EIMD), che si manifesta con una ridotta funzione muscolare, e l’indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata (DOMS). Al termine della sessione ai soggetti fu assegnato uno dei due recuperi (WBC o PAS) da utilizzare dopo 24, 48, 72 e 96 ore la simulazione di gara. I soggetti che utilizzavano il sistema di recupero WBC, venivano immessi in tre camere con differente temperatura ( -10°, -60° e -110°C) per una durata totale di 3 minuti. Dopo questo trattamento i soggetti trascorrevano 10 minuti seduti comodamente in una stanza con la temperatura di 24°C. Mentre i soggetti che praticavano il recupero passivo recuperavano per 30 minuti seduti su una poltrona. I dati ottenuti, tenendo conto gli indicatori responsabili dei danni muscolari, dell’infiammazione e del calo della prestazione, dimostrano che una singola esposizione a basse temperature (WBC) allevia significativamente l’infiammazione dopo l’intenso esercizio fisico. L'interluchina -1b è stata soppressa, grazie alla crioterapia, 1 ora dopo l’esercizio fisico. -1ra, antagonista dell’interluchina-1 (favorisce i processi infiammatori), che ha un’azione che limita l’ampiezza e la durata dell’infiammazione, ha subito un aumento maggiore, sia nella prima ora che nelle successive 24 ore, nel trattamento crioterapico rispetto al recupero passivo. Inoltre l’aumento della proteina-C reattiva (CRP), ha subito forti limitazioni nel gruppo WBC rispetto al gruppo sottoposto al recupero passivo. In conclusione una sessione di WBC, eseguita subito dopo l’esercizio, è in grado di migliorare il recupero muscolare limitando il processo infiammatorio. Controindicazioni Esistono delle condizioni nelle quali la crioterapia va impiegata con cautela. Come nell’ipersensibilità al freddo (allergia da freddo), in questi casi anche una breve esposizione alle basse temperature può provocare l’improvvisa comparsa di chiazze di angioedema e manifestazioni orticarioidi limitate alla zona raffreddata. La crioterapia è sconsigliata anche nelle persone affette da arteriopatie, che potrebbe potenziare l’ischemia tissutale, e nella malattia di Raynaud, per evitare l’insorgere di spasmi vascolari. Bisogna sottolineare che le controindicazioni non precludono la possibilità di sottoporsi a trattamenti brevi e ben localizzati. In soggetti affetti da ipertensione arteriosa non viene preclusa la possibilità di trattamenti crioterapici localizzati, mentre sono sconsigliati quelli che comprendono superfici corporee più estese. Conclusioni Si può affermare che la crioterapia, nella fase post traumatica, è in grado di ridurre il dolore e l’infiammazione grazie all’effetto analgesico e anti-infiammatorio. Inoltre consente una precoce mobilizzazione, prevenendo limitazioni funzionali. Questo soprattutto in sport di contatto, come ad esempio il calcio e il rugby dove, durante gli allenamenti e le competizioni, capita di incorrere in traumi durante gli scontri di gioco. La crioterapia può essere una valida alternativa all’abuso di farmaci anti-infiammatori che, se assunti con regolarità, aumentano il rischio di complicanze cardiache ed effetti irritanti per lo stomaco. Questa pratica però non deve essere utilizzata abitualmente in quanto l’uso continuo può diminuire alcuni dei benefici dell’allenamento. Il lieve gonfiore e infiammazione che si verificano nel post esercizio è parte del processo che porta ad una migliore forma fisica. E’ il principio dell’adattamento, cioè la capacità fondamentale degli organismi viventi di rispondere agli stimoli che turbano lo stato di omeostasi della singola cellula o di un organismo complesso, con processi organici che neutralizzano lo squilibrio, modificando nel lungo termine le capacità di reazione dell’organismo stesso. ​Quindi l’abituale adozione di misure per limitare il leggero gonfiore o dolore post-esercizio, possono ridurre l’effetto benefico dell’allenamento. In questo senso gli atleti dovrebbero limitare l’uso della crioterapia solo quando hanno dolore o gonfiore oltre un certo limite e se c’è la necessità di tornare al funzionamento normale il più presto possibile per competizioni ravvicinate da affrontare.

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